a)
Storia dell’insulina
L’insulina,
ormone peptidico prodotto dal pancreas dei vertebrati, permette alle
cellule di utilizzare il glucosio presente nel sangue. Se l’insulina
manca o è insufficiente le cellule “hanno fame” e
il glucosio che ristagna nel sangue deteriora i vasi. Anche
un’eccessiva presenza di questo ormone può portare dei
seri problemi all’organismo: pertanto, l’ideale è
avere nel sangue sempre e solo la quantità d’insulina
necessaria. Infatti questo è l’obiettivo dei pazienti,
dei diabetologi e delle Case produttrici.
In una prima fase ci
si è occupati di produrre un’insulina a basso costo e
affidabile: ma come si è arrivati a tale risultato?
Dopo la fine della
Prima Guerra Mondiale il dottor Frederick Grant Banting incominciò
l’attività di medico in Ontario. La sera del 20 ottobre
1920 il giovane medico canadese stava preparando la lezione del
giorno dopo per gli studenti; riassumeva quanto sino ad allora era
possibile sapere sul pancreas. In particolare colpì la sua
attenzione un articolo di Moses Barron, riguardante l’analogia
tra i cambiamenti degenerativi che seguivano la legatura dei dotti
pancreatici e la loro ostruzione a seguito dei calcoli. Inoltre A.M.
Dobson aveva dimostrato nel 1776 che le urine del soggetto diabetico
contengono zucchero e solo un centinaio di anni dopo Von Mering e
Minkowsky avevano osservato nel cane che l’asportazione nel
pancreas provocava il diabete. In più Langherans aveva
scoperto nel tessuto pancreatico raggruppamenti cellulari che
verranno poi indicati come isole di Langherans., produttori di
fermenti i quali si versavano direttamente nel sangue. A Banting non
ci volle molto per notare la correlazione tra pancreas e diabete.
Forse era questa la chiave per scoprire il mistero del diabete e dare
speranza a milioni di pazienti.
Per condurre queste
ricerche ottenne da Macleod, direttore del laboratorio di fisiologia
dell’Università di Toronto, una decina di cani,
attrezzature per effettuare analisi del sangue e delle urine per
verificare la concentrazione degli zuccheri e l’aiuto di un
giovane assistente, Charles Herbert Best, per otto settimane. Il
lavoro di Banting e Best cominciò il 16 maggio 1921. Essi
legarono il dotto pancreatico di un cane e dopo qualche settimana il
pancreas era degenerato divenendo non più grande di un
pollice. I due triturarono,allora, i residui in un mortaio,
riducendolo in poltiglia e filtrandolo. Il 27 luglio 1921 alle ore 10
Banting somministra l’estratto così ottenuto a una
cagnetta, quasi morente e in coma. L’attesa è drammatica
ma dopo qualche momento l’animale inizia a scodinzolare e a
saltare di qua e di là. La ricerca dello zucchero nell’urina
ora indica una riduzione progressiva tanto da passare da 0.2 a 0.11
in due ore. Questo significava che l’estratto che avevano
iniettato induceva l’organismo a metabolizzare il glucosio: era
stata scoperta l’insulina, sembrava un miracolo! Ma a guastare
la festa subentra la morte della cagnetta.
Infatti, per
mantenerla in vita sarebbe occorsa tanta altra “isletina”
(così Banting battezza inizialmente la sostanza che ha
estratto dalle isole) procurabile solo attraverso il pancreas di ben
altri otto cani. Come procurarsi tanto materiale? Il problema è
ben presto risolto: ci si rivolse al mattatoio comunale dove i
pancreas degli animali venivano gettati via.
Ma giunse,
immancabilmente, il momento di provare la nuova sostanza sull’uomo.
Occorreva dunque, dopo aver purificato ulteriormente l’estratto,
trovare qualcuno disposto a sottoporsi alla prova. Era l’11
gennaio 1922 e l’uomo si chiamava Joe Gilchrist: un laureato in
medicina affetto da un forte diabete. Fu infine Macleod a trovare
il nome di insulina, e Collip a renderla somministrabile.
Gli esperimenti
continuarono su altri numerosi casi sempre con successi. Per esempio
un caso notevole si verificò quando vennero impiantate cellule
di maiale in alcuni diabetici: dopo l’impianto due di loro si
ripresero completamente, tre videro regredire la loro malattia del
40%, i rimanenti, infine, migliorarono solo leggermente. In seguito
l’insulina suina venne utilizzata per tentare di mantenere
sotto controllo la glicemia.
Successivamente alla
Duke University si innestarono cellule produttrici d’insulina
in un babbuino facendo regredire la sua malattia. Dopo l’intervento
la glicemia si stabilizzò e dopo nove mesi l’animale non
risultava insulino- dipendente.
L’esperimento
venne ripetuto su cinque babbuini diversi con risultati positivi
tanto che si presume di poterlo effettuare anche sull’uomo
entro un anno. Hugh Auchincloss Jr afferma, infatti, che non vi è
nessun motivo per credere che le cellule dei babbuini non funzionino
nell’uomo dal momento che i diabetici usano già da molti
anni l’insulina animale.
b)
Struttura proteica dell’insulina
L’insulina è
un ormone proteico secreto dalle isole di Langerhans del pancreas
anche se è presente, ma sempre in minori quantità, nel
fegato, nel timo, nella milza, nelle ghiandole salivari, nel cervello
e nel sangue. L’insulina ha un alto contenuto di zolfo, è
una polvere bianca, amorfa o cristallina, solubile in acqua e in
alcool a 80°.
Questo ormone agisce
a livello del fegato stimolando la formazione di glicogeno e inibendo
la conversione di sostanze diverse dai carboidrati in glucosio.
L’insulina ha inoltre un effetto ipoglicemizzante perché,
promuovendo la diffusione del glucosio attraverso le membrane
cellulari, si ha conseguentemente una riduzione del livello di
glucosio nel sangue. L’insulina stimola anche la sintesi e
l’immagazzinamento dei grassi nelle cellule adipose. La sua
secrezione è regolata dalla concentrazione di glucosio nel
sangue, quindi, quando la concentrazione è alta, ad esempio
dopo un pasto, il pancreas rilascia l’insulina, mentre quando
la glicemia diminuisce la secrezione di insulina si riduce.
La molecola
dell’insulina è formata da due catene polipeptidiche:
una catena A, con 21
amminoacidi e un ponte disolfuro che le fa assumere una forma
cilindrica, e una catena B, con 30 amminoacidi. Queste due catene
sono unite da due ponti disolfuro e derivano da un unico polipeptide
da cui viene scisso il Peptide C, un corto frammento proteico
apparentemente privo di funzioni fisiologiche che, in quanto secreto
insieme all’insulina, è un utile indicatore della
funzionalità insulare.
La sintesi
biotecnologia dell’insulina umana fu realizzata completamente
nel 1966 da due catene A e B sintetizzate da P.G.Katsoyannis e da
allora viene utilizzata in medicina come cura del diabete e, in
genere, contro l’iperglicemia e la glicosuria.
c)
Produzione biotecnologica attuale di insulina
Grazie all’avvento
dell’era biotecnologica è possibile produrre l’insulina
tramite tecnologia del DNA ricombinante in sistemi batterici.
L’insulina si
ottiene con la tecnologia del DNA ricombinante dal 1982, quando negli
Stati Uniti fu messo a punto un sistema batterico in E.coli. La
strategia di clonaggio prevede la produzione della catena A e B
separatamente.
L’informazione
per la catena A è stata sintetizzata fondendo la sequenza
nucleotidica con il gene lacZ nel plasmide pBR322, vettore di
clonazione in E.coli, e nel punto di fusione tra lacZ e
l’informazione relativa alla catena A è stato inserito
il codone codificante l’amminoacido metionina.
La catena B è
stata, invece, sintetizzata in due tempi: prima è stata
sintetizzata la porzione N-terminale con procedimento analogo a
quello seguito per la catena A, poi è stata sintetizzata la
porzione C-terminale con lo stesso procedimento. In seguito
all’espressione di tali geni in E.coli si sono isolati i
frammenti codificanti la catena, sono stati fusi col gene lacZ
inserendo nel punto di fusione l’amminoacido metionina.
L’utilizzo del
sistema lacZ beta-galattosidasi ha numerosi vantaggi, ad esempio, il
fatto che il sistema sia inducibile perché le catene vengono
sintetizzate in fusione con la beta-galattosidasi, che svolge
un’azione protettiva nei confronti della demolizione
proteolitica.
I due peptidi
vengono trattati quindi con bromuro di cianogeno, un agente chimico
capace di scindere i peptici con taglio proteolitico in
corrispondenza dell’amminoacido metionina.

Non resta, quindi,
che purificare i prodotti di sintesi e mescolare le due catene,
permettendo la formazione spontanea dei ponti disolfuro.
Inoltre, l’insulina
in soluzione è in equilibrio tra forma dimera ed esamera.
In presenza di zinco
assume forma esamera, diventando un complesso cristallino o amorfo
più stabile ma insolubile e quindi di più lento
assorbimento. La forma cristallina viene assorbita più
lentamente ed è nota come “insulina ultralenta” e
la sua azione appare dopo circa 36 ore; la forma amorfa è nota
come “insulina semilenta”, viene assorbita più
rapidamente e la sua azione ha una durata di sole 12-16 ore.
Il prodotto
commerciale più noto è l’Humulin, disponibile in
diverse forme differenti in composizione e modalità di azione. |